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Fontane
La Fontana di Trevi è la più grande ed una fra le più note fontane di Roma, ed è considerata all'unanimità una delle più celebri fontane del mondo.
La settecentesca fontana, progettata da Nicola Salvi e adagiata su un lato di Palazzo Poli, è un connubio di classicismo e barocco.
Storia
La storia della fontana è strettamente collegata a quella della costruzione dell'Aqua Virgo acquedotto Vergine, che risale ai tempi dell'imperatore Augusto, quando Marco Vipsanio Agrippa fece arrivare l'acqua corrente fino al Pantheon ed alle sue terme.
Benché compromesso e assai ridotto nella portata dall'assedio dei Goti di Vitige nel 537, l'acquedotto dell'acqua Vergine rimase in uso per tutto il medioevo, con restauri attestati già nell’VIII secolo, poi ancora dal Comune nel XII secolo, in occasione dei quali si provvide anche ad allacciare il condotto ad altre fonti più vicine alla città.Il condotto dell’Acqua Vergine è il più antico acquedotto di Roma tuttora funzionante, e l’unico che non ha mai smesso di fornire acqua alla città dall’epoca di Augusto.</ref>, poste in una località allora chiamata “Trebium”, che potrebbe essere all’origine del nome.
Il punto terminale dell’”Aqua Virgo” si trovava sul lato orientale del Quirinale, nei pressi di un trivio (“Treio”, nella lingua dell’epoca: altra ipotesi, abbastanza accreditata, sull’origine del nome). Al centro dell’incrocio venne realizzata una fontana con tre bocche che riversavano acqua in tre distinte vasche affiancate; risale al 1410 la prima documentazione grafica della “Fontana del Treio” (o “di Trevi”), così rappresentata. Poco tempo dopo, nel 1453, su incarico di papa Niccolò V, Leon Battista Alberti sostituì le tre vasche con un unico lungo bacino rettangolare, appoggiandolo ad una parete bugnata e merlata e restaurando i tre mascheroni da cui fuoriusciva l’acqua. Sulla parete fu apposta una lapide a memoria dell’intervento:
(LA)
« NICOLAVS V. PONT. MAX.
POST ILLVSTRATAM INSI- |
(IT)
« Nicolò V Pontefice Massimo, dopo aver abbellito con insigni monumenti la città, restaurò il condotto dell’Acqua Vergine dall’antico stato di abbandono nel 1453. »
|
Dopo vari interventi di scarso rilievo, un altro importante restauro di tutto l’acquedotto fu compiuto nel 1570 ad opera di papa Pio V; in quell’occasione furono anche riallacciate le sorgenti originarie.
[modifica] Il periodo Barocco
Dopo una serie di progetti presentati da vari architetti e mai posti in atto, verso il 1640 papa Urbano VIII ordina a Gian Lorenzo Bernini una "trasformazione" della piazza e della fontana, in modo da creare un nuovo nucleo scenografico nei pressi del palazzo famigliare (Palazzo Barberini) allora in fase di ultimazione, e che fosse anche ben visibile dal Palazzo del Quirinale, residenza pontificia. Bernini progetta una grande mostra d'acqua e, prima ancora di ottenere l’autorizzazione, inizia i lavori, finanziati, tra l’altro, dai proventi di una sgraditissima tassa sul vino imposta ai romani. Amplia dunque la piazza (che inizialmente era solo un trivio) demolendo alcune casupole a sinistra della fontana preesistente, quindi la ribalta ortogonalmente, sino ad arrivare all'allineamento odierno, rivolto verso il Quirinale. La mostra, nota da varia documentazione illustrata, doveva essere strutturata in due grandi vasche semicircolari concentriche, al cui centro un piedistallo, appena sotto il pelo dell’acqua, doveva servire come base per un gruppo, probabilmente incentrato sulla statua della “vergine Trivia”[1]. Ma i fondi per il progetto si esaurirono presto e vennero anche drasticamente tagliati a causa della guerra che il papa aveva dichiarato al Ducato di Parma e Piacenza: non venne scolpita alcuna statua centrale e il cantiere fu bloccato. Nello spostamento si persero anche le tracce della lapide di Niccolò V.
La morte di Urbano VIII, nel 1644, e il conseguente processo aperto contro la famiglia Barberini dal nuovo papa Innocenzo X comportò l’abbandono del progetto berniniano. Anzi, al Bernini, caduto in disgrazia per essere stato l’architetto della famiglia Barberini, venne affidato il semplice compito di prolungare l'acqua Vergine sino a piazza Navona, dove Francesco Borromini avrebbe dovuto realizzare una nuova mostra monumentale dinanzi al palazzo della famiglia del pontefice (Pamphilj).
Trascorsero quasi 60 anni prima che Clemente XI si ponesse di nuovo il problema di trovare una soluzione alla fontana di Trevi, ma i progetti di Carlo Fontana (un obelisco su un gruppo di rocce, sul modello della fontana dei Quattro Fiumi), di Bernardo Castelli (una colonna su una base rocciosa, con una rampa spirale), non ebbero miglior successo. Stessa sorte per i disegni di vari altri architetti, che prevedevano anche la parziale demolizione degli edifici che il Bernini aveva lasciato alle spalle della fontana.
Sembrava l’ultima occasione, perché la famiglia del successivo pontefice Innocenzo XIII (i Conti, duchi di Poli) aveva da poco fatto allargare le proprietà della famiglia fino alla piazza di Trevi, acquistando i due edifici dietro la fontana per rimpiazzarli con un palazzo nobiliare. Qualunque progetto di realizzazione di una fontana monumentale avrebbe dunque potuto compromettere e danneggiare il palazzo, ed era quindi da evitare accuratamente.
Un curioso episodio si colloca nel pontificato del successivo papa Benedetto XIII, originario di Gravina di Puglia il quale, con spirito campanilistico, ai più noti architetti dell’epoca preferì artisti rigorosamente provenienti dal Meridione, i cui progetti risultarono però decisamente scadenti. L’unica opera realizzata fu una statua della “Madonna col Bambino”, del napoletano Paolo Benaglia, destinata forse al piedistallo che il Bernini aveva sistemato al centro delle due vasche. Lo strano dell’episodio consiste nel fatto che l’artista ha confuso la “vergine” cui fa riferimento il nome dell’acquedotto con la Madonna anziché con una ragazza che, come tramandato da una leggenda popolare riportata da Sesto Giulio Frontino, avrebbe indicato ai soldati inviati da Agrippa il luogo dove si trovava la fonte da cui avrebbe potuto essere prelevata l’acqua per il nuovo acquedotto, che dunque fu chiamato “Vergine” a ricordo dell’episodio. Stupisce che neanche al pontefice sia stata segnalata la ‘’gaffe’’. Della statua si sono comunque perse le tracce.
A parte dunque la parentesi decennale (dal 1721 al 1730) dei pontificati di Innocenzo XIII e Benedetto XIII, all'inizio del XVIII secolo quello della fontana di Trevi diventa un tema obbligato per i numerosi architetti residenti o di passaggio a Roma, e l'Accademia di san Luca (oggi Accademia di Belle Arti di Roma) ne fa il tema di diversi concorsi. Si conoscono disegni e pensieri di Nicola Michetti, Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga ed altri architetti italiani e stranieri.