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Basilica San Giovanni
La basilica di Santa Maria Maggiore, conosciuta anche come Santa Maria della neve o come Basilica liberiana (dal nome del tradizionale fondatore, papa Liberio), è una delle quattro basiliche papali di Roma. Collocata sulla sommità del colle Esquilino, è la sola ad aver conservato la primitiva struttura paleocristiana, sia pure arricchita da successive aggiunte.
Storia
Fu fatta erigere da papa Sisto III tra il 432 e il 440 e da lui dedicata al culto della Madonna, il dogma della cui divina maternità era appena stato sancito dal Concilio di Efeso (431).
La costruzione avvenne su una chiesa precedente, che una diffusa tradizione vuole sia stata la Madonna stessa ad ispirare apparendo in sogno a papa Liberio e al patrizio Giovanni e suggerendo che il luogo adatto sarebbe stato indicato miracolosamente. Così quando la mattina del 5 agosto un'insolita nevicata imbiancò l'Esquilino papa Liberio avrebbe tracciato nella neve il perimetro della nuova basilica, costruita poi grazie al finanziamento di Giovanni. Di questo antico edificio rimane solo un passo del Liber Pontificalis che afferma che Liberio fecit basilicam nomini suo iuxta Macellum Liviae.
Ad ogni modo il 5 agosto di ogni anno, in ricordo della Madonna della Neve, avviene la rievocazione del cosiddetto "miracolo della nevicata": durante una suggestiva celebrazione viene fatta scendere dal soffitto una cascata di petali bianchi.
L'edificio
La basilica costruita da papa Sisto III a partire dall'anno 432 si presentava a tre navate, divise da 21 colonne di spoglio sormontate da capitelli ionici e legate tra di loro mediante un architrave continua. La navata centrale era illuminata da 21 finestre per lato (la metà delle quali furono successivamente tamponate) e con una copertura lignea a capriate a vista. La navata centrale venne decorata da uo splendido ciclo a mosaico con storie del Vecchio e Nuovo Testamento (V secolo), che mostra i caratteri stilistici dell'arte tardoantica: ombreggiatura, sfumature con passaggi di colore graduali, realistica raffigurazione dello spazio e dei volumi, ecc. Più ieratici, e già più vicini all'arte bizantina sono i mosaici dell'arco trionfale, con scene dell' Infanzia di Cristo tratte dai Vangeli Apocrifi.
Risalgono alla metà del XII secolo, al tempo di papa Eugenio III, il pavimento cosmatesco e un portico addossato alla facciata (poi distrutto nel Settecento per far posto alla nuovo frontespizio barocco del Fuga).
La basilica fu oggetto di importanti interventi in vista del primo giubileo dell'anno 1300; in particolare durante il pontificato di Niccolò IV venne aggiunto il transetto e fu creata una nuova abside che venne decorata con ricchi mosaici realizzati da Jacopo Torriti (Incoronazione di Maria e Storie di Maria). Alla stessa epoca risalgono i mosaici della facciata, opera di Filippo Rusuti, la cui commissione è da riferire al cardinale Pietro Colonna.
Nel Quattrocento il cardinale d'Estouteville (1443-83) fece coprire con delle volte le navate laterali mentre la navata centrale fu decorata da un ricco soffitto a cassettoni realizzato su progetto (attribuito) dell'architetto Giuliano da Sangallo, su commissione del cardinale Rodrigo Borgia, salito sul soglio pontificio col nome di Alessandro VI. Il soffitto cassettonato riccamente intagliato presenta al centro lo stemma araldico del pontefice riconoscibile per la presenza del toro. Ogni elemento scolpito ha delle dorature a foglia d'oro che, secondo la tradizione, vennero realizzate con il primo oro giunto dal Perù e donato dal sovrano spagnolo alla Chiesa.
Tra le opere aggiunte nei secoli si segnalano la trecentesca Cappella del Presepe di Arnolfo di Cambio (distrutta) e la Cappella Sforza eseguita su disegno di Michelangelo Buonarroti. Nel tardo XVI secolo Sisto V fece eseguire un ciclo di affreschi sulle murature che tamponarono alcune delle finestre paleocristiane.
L'abside esterna, rivolta verso piazza dell'Esquilino, è opera di Carlo Rainaldi, che presentò a papa Clemente IX un progetto meno dispendioso di quello del contemporaneo Bernini che avrebbe fra l'altro comportato la distruzione dei mosaici dell'abside e sarebbe arrivata quasi all'altezza dell'obelisco retrostante.
La facciata principale, caratterizzata da un portico e da una loggia per le benedizioni, fu eseguita tra il 1741 e il 1743, durante il pontificato di Benedetto XIV, da Ferdinando Fuga.
L'edificio della Basilica, comprese le scalinate esterne, costituisce area extraterritoriale a favore della Santa Sede. Non è cioè territorio del Vaticano, come comunemente si crede, ma territorio italiano con il privilegio del diritto di extraterritorialità. L'ampia scalinata posta a coronamento dell'abside, anch'essa extraterritoriale, è oggi limitata da un'alta cancellata metallica, che impedisce la sosta di turisti o cittadini, cosa che potrebbe provocare difficoltà agli agenti di Polizia italiani, che hanno il divieto assoluto di accesso a quest'area.
Organo
L'organo della basilica è collocato nelle due testate del transetto ed è opera della famiglia Mascioni. Realizzato nel 1955 su commissione di papa Pio XII, sostituisce un più antico organo, collocato sulla cantoria destra del transetto, realizzato nel 1716 dal sublacense Cesare Catarinozzi ed ampliato nell'Ottocento da una pedaliera scavezza a leggio di 18 tasti (DO1-LA2). L'organo non fu demolito, ma rimosso dalla sua collocazione originaria nel 1911 e spostato nella Parrocchiale di Aliforni di San Severino Marche (MC), ove si trova tuttora (2011).
L'organo Mascioni conta tre tastiere (Positivo, Grand'Organo e Espressivo) ed è a trasmissione elettro-pneumatica. Lo strumento è privo di cassa e i due prospetti sono esclusivamente composti dalle canne di facciata. L'attuale organista titolare è Juan Paradell Solé, che ricopre questa carica dal 1989.
[modifica] Il campanile, le campane e la storia della "Sperduta"
Il campanile romanico di S. Maria maggiore è alto 75 metri[2], il più alto di Roma[2]. Costruito tra il 1375-1376[3], è stato, nei secoli, rialzato e completato sotto il cardinale Guglielmo d'Estouteville, arciprete della basilica fra il 1445 e il 1483, a cui si deve anche, per fini statici, la grossa volta a crociera di divisione tra la parte inferiore e il primo piano. Nei primi anni dell'Ottocento fu munito di un orologio. Vi troviamo ordini di doppie monofore e, nei piani successivi bifore. Il campanile contiene 5 antiche campane che emettono le seguenti note musicali:
- Do#3 calante
- Do#3
- Re3
- Fa#3
- Sol3
La campana più grande conservata nella cella campanaria è del 1289, fusa da Guidotto Pisano per interessamento dei Savelli; le altre campane risalgono ai secoli XVI-XIX. Il campanile conservava anche la campana donata da Alfano, camerlengo di Callisto II (1119-1124), che, rimossa sotto Leone XIII, si conserva oggi nei Musei Vaticani. Una delle campane è detta "La Sperduta" e suona appena dopo le 21 in merito ad un fatto (o leggenda?) che risale al XVI secolo: quella della pastorella (pare cieca) che si era persa nei prati intorno all'Esquilino, pascolando il suo gregge; era ormai sera e la pastorella non tornava, furono fatte suonare le campane della Basilica di Santa Maria Maggiore perché i rintocchi la guidassero a casa. Sembra poi che effettivamente lei non tornò mai più ma le campane continuino a chiamarla. Da qui il rito serale detto appunto della "Sperduta". Altra storia simile, ambientata nello stesso periodo, narra che, invece di una pastorella, si fosse sperduta una pellegrina che, venendo a Roma a piedi, avesse appunto perso la strada e pertanto si fosse raccomandata alla Vergine per essere aiutata. Subito udì i rintocchi della campana, seguendo i quali raggiunse la Basilica di Santa Maria Maggiore e quindi la salvezza. In ricordo del fatto la pellegrina lasciò una rendita affinché alle 2 di notte (trasformate alle 9 di sera nei tempi recenti) venisse perpetuamente suonata la campana.
Cappella Sistina
Sisto V Peretti, grande protagonista della trasformazione urbanistica di Roma alla fine del XVI secolo, scelse la basilica come sede di fastosa sepoltura per sé medesimo e per il suo grande protettore Pio V Ghislieri. A questo scopo incaricò il suo architetto Domenico Fontana, nel 1585, di erigere una nuova cappella monumentale, dedicata al Santissimo Sacramento, memorabile - oltre che per gli arredi e i materiali impiegati - perché integrava in sé l'antico oratorio del Presepe, con le sculture di Arnolfo e le connesse reliquie della mangiatoia. L'intero piccolo ambiente venne così spostato dalla sua posizione originaria (annesso della navata destra) al centro della nuova cappella sotto l'altare, in una nuova cripta dotata di deambulatorio, come una vera e propria confessione. Per l'ornamentazione della cappella furono fra l'altro utilizzati marmi policromi e colonne provenienti dal Septizodium, mentre la decorazione cosmatesca dell'antica cappella venne trasferita a rivestire l'altare della nuova confessione sotto l'altare principale sormontato dal prezioso ciborio, dove gli angeli in bronzo dorato sostengono il modello della cappella medesima.
La scultura del presepio
Nel museo della basilica di Santa Maria Maggiore è attualmente conservata l'opera scultorea che per tanto tempo è stata considerata il presepio più antico fatto con statue. Si tratta di un'Adorazione dei Magi in pietra, comprensiva delle parziali figure del bue e dell'asino.
Ma un'attenta osservazione dei gruppi scultorei denota che in realtà non si tratta di vere statue a tutto tondo, bensì di altorilievi scolpiti da blocchi di pietra, il cui dorso è visibilmente rimasto piatto, eccettuata la figura del Mago inginocchiato, che risulta essere stata completata successivamente a tutto tondo (cioè scolpendo anche il dorso) da un autore successivo ad Arnolfo di Cambio, così come è accaduto alla figura della Vergine col Bambino, che non è l'originale scolpita da Arnolfo, ma le più recenti indagini hanno evidenziato che essa sarebbe stata modificata in epoca rinascimentale, scolpendo e modificando la figura originale della Vergine di Arnolfo.
In realtà in Italia vi sono opere scultoree più antiche di questa con il tema del Presepio o dell'Adorazione dei Magi, che sono ugualmente altorilievi e non sono mai state considerate presepi di statue per la ragione che le figure sono sempre state cementate insieme, anche se sono state scolpite da blocchi di marmo separati. Uno di questi antichissimi gruppi è quello situato nella lunetta del portale nord del Battistero di Parma, scolpito da Benedetto Antelami nel 1196. Un altro gruppo si trova a Forlì nella lunetta del portale dell'Abbazia di San Mercuriale, scolpito dal Maestro dei Mesi di Ferrara nel 1230, anch'esso raffigurante l'Adorazione dei Magi. Entrambi sono più antichi del gruppo di Arnolfo, il primo addirittura antecedente al presepio vivente ideato da san Francesco d'Assisi nel 1223. Inoltre, il più antico presepio composto da statue a tutto tondo staccate fra loro è conservato a Bologna, nella basilica di Santo Stefano e fu scolpito in legno nel 1291 circa da un anonimo scultore bolognese.
Fu il papa Niccolò IV che nel 1288 commissionò ad Arnolfo di Cambio una raffigurazione della "Natività", che egli terminò di scolpire in pietra nel 1291. La tradizione di questa rappresentazione sacra ha origini sin dal 432 quando papa Sisto III (432-440) creò nella primitiva Basilica una "grotta della Natività" simile a Betlemme. La basilica prese la denominazione di Santa Maria ad praesepem (dal latino: praesepium = mangiatoia)[5]. I numerosi pellegrini che tornavano a Roma dalla Terra Santa, portarono in dono preziosi frammenti del legno della Sacra Culla (cunabulum) oggi custoditi nella teca dorata della Confessione.[6]